Tunisia. Indipendenza della Banca centrale, quali conseguenze?

Di Vanessa Tomassini per "Strumenti Politici"

La Banca centrale della Tunisia (Bct) potrà concedere agevolazioni per un valore di sette miliardi di dinari, equivalenti a circa due miliardi di euro, al Tesoro Generale dello Stato. Lo prevede il disegno di legge recentemente approvato dall’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp), il parlamento con sede al Bardo. La decisione sta alimentando il dibattito pubblico, sia all’interno che all’esterno del Paese, sugli effetti di questa riforma. La ministra delle Finanze, Sihem Boughdiri Nemsia, ha spiegato che il disegno di legge consentirà al governo di raccogliere i fondi necessari per soddisfare le urgenti esigenze finanziarie dello Stato.

 I dubbi di alcuni economisti

 Alcuni economisti temono che la perdita d’indipendenza della Bct possa avere conseguenze nefaste per la già fragile economia del Paese. Alcuni economisti temono che la modifica dello status della banca centrale per consentire il finanziamento diretto del governo, attraverso l’acquisto di buoni del tesoro, metterebbe a repentaglio la credibilità della Bct e aumenterebbe la pressione sui prezzi, sulla liquidità, e un calo del valore della valuta tunisina. Di tutt’altro avviso, invece, l’economista tunisino Mourad Hattab, esperto in rischio finanziario, laureato alla Cergie Pontoise Università di Parigi, che intervistato da “Strumenti Politici” ricorda che “la Tunisia, nel 2016, ha promulgato una legge che stabiliva, sotto il diktat del Fondo monetario internazionale (Fmi), l’indipendenza della banca centrale (Bct). Dal 2016, dunque, lo Stato tunisino, ossia la Tesoreria pubblica tunisina, non ha più il diritto di ricevere prestiti dalla Bct in modo diretto. Dunque lo Stato deve passare attraverso le istituzioni finanziarie locali per le sue esigenze di debito interno, sia per colmare il deficit di bilancio che per altre esigenze. Ovviamente, il diktat del Fmi ha accumulato ricchezza all’interno del sistema finanziario, ovviamente a scapito della tesoreria dello Stato, che ogni anno paga commissioni, ossia interessi, agli istituti finanziari dell’ordine di 2-3 miliardi di dinari, equivalenti a circa 900 milioni di euro. È vero che si tratta di un importo non molto importante, ma resta un importo significativo rispetto all’entità del bilancio statale tunisino e dell’economia tunisina. Questa legge sanciva anche la libertà della Bct in termini di gestione del tasso di riferimento, presumibilmente per limitare la piaga dell’inflazione, ma la politica monetaria restrittiva adottata ai sensi della legge sull’indipendenza della Bct ha avuto un effetto controproducente nella misura in cui il tasso di interesse non solo è aumentato, ma è praticamente raddoppiato in un periodo di tempo molto breve e il costo del capitale è diventato molto gravoso”

Il fabbisogno tunisino 

La ministra delle Finanze ha spiegato in Parlamento, in occasione di una sua audizione, che il fabbisogno finanziario solo per il primo trimestre del 2024 ammonta a quattro miliardi e mezzo di euro, che serviranno in particolare per il rimborso del debito interno ed estero (2 miliardi di euro), il pagamento degli stipendi (805 milioni di euro), investimenti (290 milioni di euro), finanziamento delle spese delle imprese pubbliche (537 milioni di euro) e sussidi per gli idrocarburi (290 milioni di euro). Ha indicato inoltre che le risorse dello Stato non sono sufficienti a coprire tutte queste spese, per questo motivo è necessario ricorrere in via eccezionale alla Bct, per stimolare gli investimenti e la crescita economica. “L’entità di queste agevolazioni è stata attentamente studiata affinché abbiano solo un impatto relativo sull’inflazione e non intacchino in alcun modo la disponibilità monetaria”. Ha dichiarato Namsia, aggiungendo che “la Tunisia non è mai stata in ritardo nel ripagare i propri debiti e qualsiasi rinegoziazione sarebbe una forma di riconoscimento delle difficoltà che potrebbero minare l’immagine e la credibilità del Paese”. 

L’indipendenza limitata della Bct

 L’esperto di rischio finanziario, Mourad Hattab, aggiunge che “i finanziamenti da parte delle banche locali sono molto costosi e tutto ciò ha causato il fallimento di numerose aziende, soprattutto piccole e medie imprese. Oggi in Tunisia stiamo, se così posso dire, rettificando il tiro. Cioè, abbiamo semplicemente abbandonato questa idea di indipendenza della Bct, che con la nuova legge approvata dal Parlamento, non è più indipendente rispetto allo Stato. L’indipendenza è limitata, nel senso che la Bct deve agire in armonia con le politiche macroeconomiche dello Stato tunisino. Non deve trattarsi di un agente diverso rispetto alla struttura complessiva dell’economia e alle politiche settoriali del Paese. Inoltre, con la nuova legge adottata, si è affermata un’idea molto semplice, cioè che lo Stato può ora prendere in prestito direttamente dalla Banca centrale, senza passare attraverso le banche locali. Diversi partiti hanno espresso le loro preoccupazioni riguardo a questa manovra, ma credo che dovremmo essere molto più preoccupati per il deficit delle istituzioni finanziarie, del sistema finanziario, e certamente per la situazione delle finanze pubbliche”. Hattab ha ribadito che “questa manovra non creerà inflazione, perché il debito interno, diretto o indiretto, resta un debito, che resta tale in ogni circostanza, diretta o indiretta. Pertanto, il cambiamento nella modalità del debito non crea di per sé inflazione. L’inflazione in Tunisia è creata da molti altri fattori come l’inflazione della domanda, la spirale prezzi-salari, nonché per l’inflazione in un certo senso monetaria, perché in Tunisia abbiamo un settore informale, un settore economico non strutturato, che rappresenta praticamente il 60 per cento dell’economia, come per diversi paesi dell’area Mena. Questa controversia che si è creata attorno alla Bct e alla sua indipendenza è sterile e senza senso. Il problema della Tunisia oggi è il suo debito odioso. Durante l’ultimo decennio, mentre la Troika, il partito Ennahdha e i suoi alleati governavano il paese, la Tunisia ha contratto un debito enorme, un debito colossale, di cui non ha beneficiato il popolo tunisino. Siamo intorno ai 40 miliardi di euro, una cifra significativa ma comunque importante per le dimensioni della Tunisia e per il volume di affari nel Paese. Relativamente parlando, 40 miliardi di euro non sono un volume di transazioni molto elevato per un’economia industriale come quella italiana o per un Paese del Sud-Est asiatico, o per Dubai, ma lo è per la Tunisia, un Paese limitato nelle sue risorse, in termini della sua demografia e della sua superficie. Inoltre, il debito tunisino, praticamente raddoppiato nell’ultimo decennio, non ne ha beneficiato”. 

Il tasso d’inflazione dei consumi in Tunisia

 Il tasso d’inflazione dei consumi in Tunisia ha mantenuto una tendenza al ribasso ed è sceso al livello del 7,8 per cento nel gennaio 2024, rispetto all’8,1 per cento registrato a dicembre 2023. Questo calo dell’inflazione, è dovuto al rallentamento della velocità di aumento dei prezzi tra gennaio e dicembre di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Da un’analisi degli indicatori economici, si evince che nel primo mese del 2024 i prezzi al consumo nel Paese nordafricano sono aumentati dello 0,6 per cento, mantenendo lo stesso ritmo del mese precedente. Questo aumento è legato principalmente all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari dello 0,7 per cento, dei prezzi dei servizi di comunicazione dell’1,3 percento e dei prezzi dell’abbigliamento dello 0,5 per cento. L’economista Mourad Attab suggerisce che “il vero dibattito da sollevare sia considerare questo debito contratto dal partito Ennahdha e dai suoi alleati come un debito odioso e che non dovrebbe essere ripagato. La Tunisia deve richiedere una verifica del proprio debito e sospendere il pagamento di qualsiasi debito di cui non abbia beneficiato il popolo tunisino. È un diritto previsto dal Diritto internazionale”. “Ritengo inoltre – ha aggiunto – che l’idea di indipendenza della Bct e il passo compiuto recentemente dallo Stato sia un passo dovuto di fronte alla svalutazione del dinaro tunisino rispetto alle valute estere. Il dinaro ha perso il 50 per cento del suo valore rispetto al dollaro in un periodo di cinque anni, a causa del cambiamento dello status della Banca Centrale che ha adottato un sistema di cambio flessibile. Quindi la Bct si è limitata a controllare in qualche modo l’inflazione, ma non è questo il suo ruolo. Il vero ruolo della Banca centrale è quello di preservare l’equilibrio macroeconomico complessivo del Paese, come in qualsiasi Paese autonomo, e quindi di preservare un tasso di interesse stabile e basso oltre a garantire la preservazione del valore della moneta nazionale. Il Fmi ha un’altra visione, è una visione catastrofica, secondo me, perché assimila la banca centrale ad una semplice banca che cerca il profitto. È la logica del mercato, in un certo senso, che domina la scuola monetarista del Fmi, ma questa ricetta non è necessariamente valida per la Tunisia. Anche gli Stati Uniti hanno posto dei limiti alla ricetta del Fmi”. “Nessuno ha pensato al fatto che le banche locali concedono presti allo Stato con tassi di interesse molto alto. Ottenendo agevolazioni dalla Bct, senza interessi per dieci anni, avrà un impatto sul tasso di interesse complessivo, permettendogli di realizzare un risparmio su queste spese. Lo Stato non deve comunque prestare allo Stato con interessi eccessivi. È assurdo.” Aggiunge l’esperto evidenziando che “si tratta dello stesso flusso di cassa. Lo Stato non deve avere una struttura che gli presti denaro in cambio di interessi, sotto qualsiasi pretesto, per accumulare denaro che alla fine dovrà ritornargli. Nel 2022, secondo gli ultimi dati disponibili, la Bct ha realizzato un utile di 700 milioni di dinari, circa 250 milioni di euro. Penso che non ci sia motivo per cui una Banca centrale tragga profitto. Normalmente, il bilancio della Banca Centrale dovrebbe essere zero in quanto la sua vocazione non è il profitto. Anche lo Stato, in un modo o nell’altro, non agisce secondo una logica commerciale. Penso che in Italia ci sia un sistema sanitario pubblico, così in Tunisia abbiamo un sistema sanitario pubblico per i poveri, per i più indigenti. Questo sistema deve essere un sistema senza logiche di profitto. Anche la gestione del denaro pubblico, la gestione della Bct non deve essere come vuole il Fmi in una logica di profitto. Penso che tutta la controversia attualmente sollevata in relazione al tema del finanziamento dello Stato da parte della Bct sia un argomento, in un certo senso, che fa arrabbiare lo stesso Fmi, perché lo Stato tunisino si è rifiutato di negoziare i fondi come concordato”. Hattab sostiene che le misure richieste dal Fmi a Tunisi “potrebbe addirittura rovinare la società tunisina. Quando chiede di non sovvenzionare più i prodotti di base per i tunisini, la maggior parte dei quali sono poveri, quando chiediamo l’indipendenza della Bct, allora sullo Stato gravano oneri che ricadranno su di noi, sul nostro sistema finanziario. Cerchiamo di essere chiari: il sistema finanziario è un sistema di proprietà familiare. In Tunisia, sei famiglie finanziarie controllano il 60 per cento dell’economia. Queste sei famiglie finanziarie non devono, quando sono le stesse, arricchirsi. Inoltre, questa idea di banca centrale e di indipendenza viene strumentalizzata sul piano politico da un clan che è contro il presidente della Repubblica, il primo a voler fermare questa emorragia finanziaria dello Stato”. È opportuno ricordare che il mandato del governatore della Bct scade alla fine di questo mese. “Penso – conclude l’economista – che la Banca centrale entrerà in una nuova fase, con una nuova logica, e con un nuovo approccio lavorativo che sancisce il ruolo dello Stato nel controllo dell’economia. In relazione a ciò, se ci troviamo in una nuova fase, dobbiamo avere una nuova gestione”.